LE ICONE


LE ICONE

(Come riconoscere un’icona autentica).

              Da diverse e-mail giunte alla redazione che chiedevano particolari sulle Icone, spesso in contraddizione e che evidenziavano la poco conoscenza su questo tema si è preso lo spunto per approfondire l’argomento e fare chiarezza sulle Icone. 

La pittura di icone storicamente nasce dalla tecnica dell’affresco, ma si è evoluta in maniera abbastanza complessa, soprattutto per la preparazione della tavola, che non deve incurvarsi e deve essere resistente agli agenti atmosferici. La stesura dell’oro sul disegno, fatto a matita e poi inciso con un ago, costituisce lo sfondo. Poi l’artista dipinge servendosi di colori fatti con polveri naturali mescolate al giallo d’uovo.

Quando la pittura è terminata, si applica sulla superficie uno strato protettivo, composto del migliore olio di lino e di varie resine, come l’ambra gialla. Questa vernice imbeve i colori e ne fa una massa omogenea, dura e resistente. Alla sua superficie vengono fissate le polveri, e questo col tempo dà alla massa una tinta scura. Se la si toglie, i colori appaiono al di sotto nel loro splendore originale.

Essendo non soltanto il frutto di un’ispirazione artistica e di una certa libertà nella tecnica, ma anche l’espressione di una tradizione ecclesiale, le icone -stando al 2° Concilio di Nicea- possono essere considerate autentiche solo se vi è un consenso della chiesa.

 

Il luogo liturgico fondamentale delle icone è il tempio e, nel tempio, anzitutto l’iconostasi, cioè la parete che separa i fedeli dal santuario ove si celebra il sacrificio. Di regola gli iconografi sono dei monaci cui l’igumeno ha concesso l’autorizzazione a dipingere. Nel mondo slavo e bizantino la contemplazione delle icone aveva ed ha un valore salvifico pari a quello della lettura delle Sacre Scritture. Di qui l’accesa disputa passata alla storia col nome di “iconoclastia”.

 

Le più antiche provengono dalla Palestina, dalla Siria, dall’Egitto, da Bisanzio e risalgono ai secoli IV -VI ,ma la maggior fioritura si ebbe successivamente in Russia e nei paesi Balcanici dove si produssero icone sino al secolo XVIII. (Spesso adornate con lamine d’oro o argento, di smalti e pietre preziose.)

 

    

     

Tre sono le caratteristiche fondamentali di tutte le icone:

la luce naturale non ha alcun valore, ma sia essa che tutti i colori terreni sono soltanto luce e colori riflessi; nell’icona quindi non c’è ombra o chiaroscuro; il fondo e tutte le linee, le sottolineature d’oro vogliono proprio significare una luce sovrannaturale; la prospettiva è rovesciata, poiché le linee si dirigono in senso inverso rispetto a chi guarda, cioè non verso un punto di fuga dietro il quadro, ma proprio verso un punto esterno, che avvicina le linee allo spettatore, dando l’impressione che i personaggi gli vadano incontro (i profili infatti non esistono, se non per indicare i peccatori, né la tridimensionalità, in quanto la profondità viene data solo spiritualmente, dall’intensità degli sguardi);

le proporzioni delle figure, la posizione degli oggetti, la loro grandezza non sono naturali (pesi e volumi non esistono), ma relative al valore delle persone o delle cose: non esiste naturalismo o realismo (cioè la ritrattistica), ma solo simbolismo.

Il corpo, sempre slanciato, sottile, con testa e piedi minuscoli, è disegnato a tratti leggeri, e il più delle volte segue le linee delle volte del tempio, in quanto la pittura dipende dall’architettura.

Tutto comunque è dominato dal volto, perché è da qui che il pittore prende le mosse. Gli occhi sono molto grandi, fissi, a volte malinconici, sotto una fronte larga e alta; il naso è allungato, le labbra sono sottili, il mento è sfuggente, il collo è gonfio. Tutto per indicare ascesi, purezza, interiorità..

Altro aspetto frequente che si trova nelle icone è la simmetria, che indica un centro ideale al quale tutto converge.

In Europa occidentale l’iconografia è rimasta sostanzialmente di tipo bizantino sino a Duccio di Boninsegna e Giotto, cioè sino al momento in cui si è cominciato a introdurre la prospettiva della profondità, il chiaroscuro naturalistico, il realismo ottico, perdendo così progressivamente il carattere misterico e trascendente delle rappresentazioni sacre.

Al 1424-26 risale la Trinità di Andrej Rubljov (vedi foto) ; oggi si trova nella Galleria Tetrjakov).

Le testimonianze biografiche su Andrej Rubljov sono scarse. Non si sa dove nacque e poche delle sue opere si sono conservate fino ai nostri giorni.

           Il primo accenno a Rubljov che troviamo nelle cronache risale al 1405, anno in cui fu invitato a partecipare alla decorazione dell’iconostasi della cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino.

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